martedì, giugno 14, 2011

I cani . ( da la febbre di FRANCESCA GENTI)

I CANI
Ci sono dei cani che si suicidano. Si buttano giù, nel vuoto, senza un latrato. Calmi.
Ce ne sono dappertutto, in ogni edificio che affaccia sui quattro lati della piazza.
Noi siamo al centro della piazza, al centro della scena.
Seduti su una panchina osserviamo quello che succede.
Giochiamo con i cani: il primo di noi che conta cento cani morti vince.
Io sono a ottantasette, sto vincendo.
Andrej è a quota trenta.
Il vecchio Astrologo ne ha contati dodici, ma lui non fa testo, è completamente cieco.
Conta i cani in base ai tonfi che percepisce. Il rumore è come di cachi giganti che si spiaccicano dolcemente a terra.
Il silenzio ci avvolge, è facile cogliere il rumore dei cani più vicini.
Non è più tempo di guardare il cielo notturno, cercare le stelle cadenti, esprimere desideri.
Questo per due ragioni.
Da un bel pezzo non esiste più la notte. Il cielo un giorno si è ribellato. Il sole si è incastrato rimanendo appena sopra la linea dell’orizzonte.
Sono anni che viviamo in un perenne tramonto.
Il futuro non esiste più, al pari del cielo stellato. O meglio: è drasticamente diminuito, abbiamo quasi esaurito la nostra razione di futuro.
Siamo rimasti in pochi qui in città e tutti con le ore contate. Esprimere un desiderio? L’unico sensato sarebbe quello di essere catturati, torturati e uccisi il prima possibile. Ma non possiamo farlo perché non vogliamo morire.
È contro ogni logica, ma è così.
Cosa rimane da fare allora se non giocare ai cani, ricordare il passato, cercare di stare su?

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